4 mosse da attuare per aiutare i bambini a litigare bene.

Scritto in ambito: Bambini | Educational | Emozioni

I bambini hanno il diritto di litigare perché il conflitto fa parte della crescita.

C’è un sistema da applicare nella vita di ogni giorno per aiutare tuo figlio a litigare bene.

Eccoti le 4 mosse fondamentali da seguire.

1) Non  interrompere i bambini durante un litigio e non cercare un colpevole.

Le domande “Chi è stato?”, “Si può sapere chi ha cominciato?”, “Di chi è la colpa?” sono domande rivolte essenzialmente a cercare un colpevole da punire, partendo dal presupposto che litigando i bambini stiano facendo qualcosa di sbagliato, di malvagio, che presenta necessariamente una componente di colpevolezza da parte dei genitori.
Ma i bambini, fino ai 10 anni, per loro  natura tendono a imitare gli adulti, ad avere un atteggiamento positivo nei loro confronti e a compiere  azioni che li compiacciano.

Se i bambini si ribellano è solo perché questo atteggiamento può portargli un vantaggio. L’atteggiamento oppositivo dei bambino è sempre in relazione con l’adulto che lo educa.

È bene quindi che il genitore smetta di giudicare e si concentri sull’osservare cosa accade per comprendere perché il bambino agisce in un determinato modo e quale vantaggio ottiene di conseguenza.

Inoltre c’è da dire che spesso l’individuazione del colpevole in un litigio tra bambini risulta davvero inutile e impossibile in quanto è difficilissimo ricostruire cosa sia effettivamente successo, quali siano stati i motivi scatenanti, le cause o i bisogni originari che hanno creato il conflitto.

A volte sono proprio i bambini a non ricordare  cosa sia successo all’inizio!

2) Non imporre la soluzione ai bambini.

Bisogna lasciare che i bambini litighino da soli tra di loro senza imporre una soluzione perché in ogni litigio trovano la capacità di gestire la situazione.
In questo senso il litigio diventa un compito dal quale i bambini possono apprendere qualcosa in più su di loro, sui loro amici e compagni, possono arricchire la loro conoscenza sulle dinamiche relazionali e della socialità.

Con il litigio esprimono le emozioni, imparano a sviluppare le proprie risorse interiori e ad alimentare la caratteristica infantile della creatività sforzandosi di trovare soluzioni alternative.

Imporre una soluzione invece è un’azione che nasce dal fastidio di affrontare un’armonia infranta, dalla paura che i bambini non riescano da soli ad agire in una situazione di contrasto.

Rappresenta un accordo per garantire la tranquillità, soprattutto degli adulti. Inoltre le emozioni negative che un adulto percepisce davanti a un litigio tra bambini dipendono dal suo vissuto infantile e fanno crescere in lui il timore che il litigio possa degenerare, che si trasformi in violenza e i bambini si possano fare male. Per cui si tende a intervenire avendo la presunzione di dire ai bambini cosa devono fare per risolvere il conflitto, con varie modalità:

  • si cerca di mettere pace tra i litiganti
  • si cerca di farli giocare insieme
  • si sottrae il giocattolo della discordia
  • si obbliga a condividerlo o se ne fornisce un altro per farli giocare insieme
  • si urla ammonendo di non fare capricci e non urlare.

Ma questo tipo di intervento da parte del genitore è totalmente inefficace e fallimentare in quanto l’imposizione tende a bloccare al momento il litigio ma non lo elimina: esso si ripresenterà sotto diverse forme o sarà motivo di apprendimento in negativo.

Non imporre soluzioni invece offre il modo ai bambini di assumersi il compito e la responsabilità che il litigio richiede loro, portandoli a doversi fermare per capire cosa sta accadendo. Perché ogni litigio porta con sé un insegnamento che i bambini devono scoprire vivendo il litigio come occasione di apprendimento e riorganizzazione dei propri potenziali.

3) Permetti  ai bambini di esporre tra loro la  reciproca versione dei fatti.

Un litigio presuppone sempre alla base qualcosa di non detto, sotterraneo, che magari gli stessi litiganti non riescono a percepire. Favorire il dialogo tra i bambini, aiutarli a parlarsi, li consente di uscire dalla dinamica ripetitiva assunta durante il litigio e cercare le motivazioni più profonde del conflitto stesso.

L’obiettivo quindi è aiutare il bambino ad ascoltare l’altro e non quello di allontanarlo e azzittirlo per calmare la situazione. Al contrario il genitore deve far parlare i bambini tra loro, chiedendo loro di dare la propria versione dei fatti piuttosto che negarla o sopprimerla perché l’adulto non ammette il litigio.

Parlare delle proprie emozioni e delle proprie difficoltà aiuta i bambini a ridurre la propria tensione emotiva ed è per questo che i genitori devono favorire questo processo, perché parlandosi progressivamente diminuisce la carica emotiva e il conflitto tende ad attenuarsi.

Inizialmente il litigio potrebbe crescere in quanto è presente una forte emotività, ma tenderà a ridursi e a smorzarsi. In questa fase l’adulto ha un ruolo di semplice monitoraggio limitandosi a facilitare il confronto senza intervenire dando indicazioni, giudizi o suggerimenti.

I bambini invece possono parlarsi in diversi modi: verbalmente, tramite dei disegni (dai 5 anni) , oppure utilizzando dei fogliettini  su cui ognuno scrive la propria versione dei fatti da consegnare al compagno, grazie all’adulto che controlla questo processo (dai 6-7 anni).

Questi strumenti vengono scelti di volta in volta dall’adulto in base all’età e gli forniscono un’occasione per attivare nei bambini risorse e creatività.

Quando i bambini hanno l’età giusta, scrivere i bigliettini è molto importante perché nella gestione di un litigio permette loro di dare sfogo alle emozioni e di riconoscerle e spostare su un piano simbolico la comunicazione con l’altro.

Le emozioni in un litigio sono indice di una tensione divergente per questo poi bisogna stimolare i bambini affinché le esprimano attraverso le parole dicendo per esempio “Dai, provate a raccontarvi reciprocamente la versione dei fatti!”.

I bambini di 3-4 anni infatti agiscono più con il corpo durante il litigio, e l’adulto stimolandolo alla parola li aiutano ad evolvere.

Durante questo passo sono molto importanti le domande poste dall’adulto perché devono aiutare i bambini a capire quanto è successo, a consentire la scoperta e l’ascolto dei reciproci sentimenti ed emozioni, a vedere meglio i problemi, a conoscere nuovi punti di vista. Sono domande aperte che volgono più al chiedere per sapere piuttosto che per controllare l’altro.
In tutto questo processo è l’adulto il responsabile dell’atto dello scambio di reciprocità divergente tra bambini.

4) Accompagna i bambini nel trovare un accordo tra di loro.

Questo è l’ultimo passo e, se i bambini hanno sviluppato la capacità di parlarsi e ascoltarsi efficacemente, a questo punto l’accordo tra loro nasce spontaneo.

Durante quest’ultimo passo, quando tutte le motivazioni sono state espresse dai bambini, è compito dell’adulto, con la massima neutralità, far comprendere ai bambini che ogni ragione è legittima e che non c’è nessuna che prevale sull’altra, per cui ora sono pronti insieme a individuare un accordo che non necessariamente deve essere bilanciato tra le parti, ma può portare in sé una rinuncia; ad esempio:

  • può succedere che un bambino rinunci a volere il giocattolo che ha l’altro
  • può accettare una qualche forma di opinione altrui
  • possono individuare accordi un po’ particolari in virtù del fatto, come già detto, che fino a circa 8-9 anni il
  • pensiero dei bambini è dominato da una componente magica
  • oppure possono non riuscire a trovare un accordo e aver bisogno di più tempo per capire la situazione. 

Se si seguono questi passi i bambini riescono ad arrivare ad un accordo tra loro.

Anche se un bambino dovesse rinunciare al giocattolo sarebbe semplicemente perché è riuscito a stimolare le sue risorse interiori connettendole con gli stimoli interni ed esterni a lui portandolo a trovare in quel momento una soluzione giusta per lui.

Questo ultimo passo viene favorito individuando uno spazio o una stanza dove possano avvenire questi accordi e qualcosa che possa raccogliere i litigi scritti, come ad esempio un quaderno, una scatola.

È importante che questi accordi siano raccolti per testimoniare tutte le volte che i bambini ce l’ hanno fatta, che un accordo è stato possibile. È un esercizio ottimo per l’autostima.

Col tempo i bambini, acquisito questo processo di consapevolezza delle emozioni e di apprendimento del modo corretto di parlarsi e ascoltarsi, imparano a stare da soli e a non rivolgersi più all’adulto perché hanno imparato a stare insieme. Cioè, cosa fondamentale, hanno imparato a interagire nella criticità e nella complessità delle relazioni.

I bambini hanno imparato che esistono punti di vista diversi dal loro e a trasformarli, con l’altro, in momenti in cui gli interessi comuni trovano un accordo possibile.

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