Prima di avere figli siamo tutti ottimi genitori, perché, ammettiamolo, è facile dare consigli. Però dalla teoria al metterli in pratica è tutta un’altra storia, ecco perché è il mestiere più complesso.
Spesso sentiamo dire che è difficile essere genitori perché non esiste una preparazione in tal senso, ma non è così.
Puoi essere preparato ed essere consapevole di come stai educando tuo figlio. Oggi ti spiego come.
Quali strategie adotti con tuo figlio?
Che tipo di genitore sei, te lo sei mai chiesto?
Sei permissivo? Sei severo? Sei indifferente?
Sono domande che ogni genitore si pone e che emergono ancor di più quando vai in crisi.
Ma non temere: quando rifletti sul tuo operato è il momento opportuno per intervenire e comprendere dove stai sbagliando. Anche io sbaglio, ogni giorno. Ma rendersene conto è già un passo importante.
Che fare in queste situazioni?
In questo articolo troverai semplici e pratiche indicazioni su come gestire le situazioni che capitano quotidianamente.
Perché è sorprendente come la maggior parte dei consigli che vengono dati ai genitori ignori il mondo delle emozioni.
Essi si basano su teorie educative per la risoluzione dei momenti in cui i bambini ‘si comportano male’ ma ignorano i sentimenti al di sotto di quei comportamenti.
Perché tuo figlio si comporta così? Te lo sei mai chiesto?
Se ci fai caso ti accorgerai che la maggior parte delle volte – per necessità e per velocità – intervieni sul comportamento di tuo figlio per:
Risolverlo
Fermarlo
Evitarlo
Eppure sotto quei comportamenti ci sono emozioni non risolte e bisogni non soddisfatti, ecco perché tuo figlio si comporta così!Se solo riuscissi ad agire a quel livello, lo aiuteresti a cambiare comportamento ed eviteresti tutto quello stress in famiglia.
Il fine ultimo dell’educazione dei figli non dovrebbe consistere solamente nell’ottenere bambini docili e ubbidienti ma aiutarli a credere in se stessi per vivere al meglio la propria vita.
L’unica vera garanzia di benessere che possiamo dare ai nostri figli è la certezza di un carattere forte, autonomo, capace di muoversi con agio nella realtà, per attraversare le mille sfide della vita. Io dico spesso nei miei coaching, che non possiamo sapere come sarà il mondo fra 50 anni, ma che proprio grazie a questa incapacità dovremmo regalare l’unica certezza: autonomia e fiducia personale.
L’autostima è uno degli ingredienti nella ricetta della felicità.
E gli altri elementi? Il solo amore non è sufficiente, per quanto i genitori possano essere affettuosi, attenti, assidui, spesso hanno una cattiva gestione delle loro emozioni e per questo non possono comunicare ciò che non conoscono.
JOHN GOTTMAN psicologo di fama mondiale, professore emerito all’università di Washington, nei suoi studi ha scoperto che quando nelle situazioni critiche i genitori riuscivano ad allenare emotivamente nei ragazzi 5 cose, aiutavano i bambini a sviluppare l’intelligenza emotiva con risultati visibili in:
1. Riescono meglio a calmarsi quando sono agitati
2. Sono più sereni e quindi meno esposti alle malattie infettive
3. Sono più concentrati
4. Sono più attenti
5. Si relazionano meglio con gli altri (anche nelle situazioni difficili tipo quando un compagno ti provoca o stuzzica)
6. Riescono meglio a comprendere le altre persone (empatia)
7. Stabiliscono rapporti di amicizia più solidi e belli
8. Sono più bravi a scuola
Non male come risultati, vero?
E tu che genitore sei? In quale di queste categorie ti riconosci?
Dobbiamo evitare 3 errori, 3 categorie inefficaci:
1)Genitori noncuranti, che sminuiscono, ignorano, sottovalutano le emozioni negative (“ma che vuoi che sia, dai ora passa, stai piangendo per una cosa inutile…”). Non è detto che il genitore non curante sia colui che non se ne importa nulla o non c’è mai per i figli. E’ possibile che questo genitore passi molto tempo con il figlio, giochi con lui, sia sempre presente, però quando il bambino è triste o arrabbiato cerca subito di ‘sistemare le cose’ chiede al bambino cosa vuole per stare meglio (lo invita a vedere la tv, mangiare un gelato, andare al cinema, uscire fuori a giocare), quindi un genitore focalizzato sul ‘fare’ per stare meglio non sull’ essere. Questi genitori da piccoli hanno imparato a non esprimere le loro emozioni e da adulti temono di cadere in depressione se le esprimono, quindi è meglio reprimerle. Questo è un meccanismo di difesa. E ciò che conoscono lo insegnano naturalmente ai figli.
2)Genitori censori che criticano le modalità di espressione dei sentimenti negativi e che arrivano a rimproverare o punire i figli per queste manifestazioni emotive. I bambini non devono soffrire, stare male, provare fallimento o perdita, sentirsi sconfitti. Hanno paura di perdere il controllo delle emozioni e quindi della vita. Oppure reprimono i figli perché credono che questo sia il modo migliore per renderli più forti: sono preoccupati per il futuro dei figli e per questo credono di indurirli per affrontare meglio la vita. Ma alla fine queste strategie falliscono e sono dannose perché non riconoscere le emozioni e imparare da essere significa essere impreparati ad affrontare le sfide della vita. Sono i genitori convinti del ‘così si cresce più forti’. Ma alla fine queste strategie falliscono a lungo termine e sono dannose perché non riconoscere le emozioni e non imparare da essere significa essere impreparati ad affrontare le sfide della vita.
3)Genitori lassisti, che accettano le emozioni dei figli e tendono a considerare collera, tristezza, paura come cose da lasciar sfogare, da lasciar accadere, anche in modo eccessivo ed ‘estremo’, inoltre hanno molto difficoltà a porre dei limiti ai comportamenti negativi dei ragazzi. Sono genitori ultrapermissivi, permettono ai figli di mostrarsi molto arrabbiati, di diventare aggressivi e violenti, a bambini molto spaventati di piangere senza ricevere consolazione. In questo modo il bambino non riconosce la differenza fra cosa è giusto e cosa è sbagliato, pensa che tutto sia possibile e concesso, fino ad arrivare a manifestare comportamenti anti-sociali.
In quale dei 3 ti riconosci?
Ti suggerisco di non dire frettolosamente “In nessuno dei 3” perché ognuno di noi adotta questi comportamenti quotidianamente, quindi se vuoi che i minuti trascorsi in questa lettura ti siano utili, prova a comprendere quando sei in 1, in quali occasioni ti comporti come 2 ecc. ecc.
Se ti riconosci in uno di questi modelli genitoriali non vuol dire certo che sei un cattivo genitore, ma che il comportamento di tuo figlio, di cui magari tu non sarai contento, è una logica conseguenza delle tue strategie.
E se tu cambiassi metodo educativo?
Tuo figlio sarebbe un bambino diverso, felice e soddisfatto, e anche tu genitore.
Sai che è possibile smetterla di vivere con tutta quella tensione e quello stress e creare un clima più armonioso in famiglia? Lo vuoi veramente? E allora rimboccati le maniche e continua a seguirmi 🙂
Tu devi essere per tuo figlio un vero e proprio allenatore emotivo, un quarto modello di genitore ma decisamente efficace e positivo.
Allenare i figli emotivamente significa ottenere figli più elastici. Anche loro si arrabbiano, sono tristi o hanno paura ma hanno una maggiore capacità di ritrovare la calma, riprendersi dalle delusioni, perseverare. Sono emotivamente più intelligenti.
Cosa devi fare tu genitore?
I genitori-allenatori devono fungere da guida dei loro figli nel mondo delle emozioni.
Vanno oltre la semplice accettazione dell’emozione (quindi no rimproveri, giudizi, condanne..) e pongono dei limiti nei confronti di comportamenti inaccettabili, insegnando come fare a regolare i loro sentimenti, trovando adeguate valvole di sfogo e risolvendo i problemi. Riconoscono che tutte le emozioni – anche quelle considerate negative come la tristezza, la collera, la paura – possono svolgere funzioni positive nella nostra vita.
Tutte le emozioni sono concesse, non tutti i comportamenti lo sono.
I genitori – allenatori non si sentono obbligati a sistemare ogni cosa che non funziona nella vita dei loro bambini. Non temono di mostrare le proprie emozioni ai figli, possono perdere la pazienza e ammettere di essere arrabbiati.
Ma sanno come arrabbiarsi e non perdono le staffe facendo o dicendo cose di cui poi si pentono. Quando fanno o dicono cose che possono ferire i figli, non si fanno scrupoli a scusarsi. Ma nello stesso tempo sanno avere ‘polso’ con i fili quando serve. Sono persone emotivamente equilibrate e libere di vivere i sentimenti usandoli a proprio vantaggio.
E poi quanti genitori lamentano il fatto che i figli ‘non ascoltano? Cosa accade veramente?
I figli non ascoltano quando non c’è un legame emozionale forte, quando non si è dedicato tempo e spazio all’allenamento emotivo, allora le parole dei genitori non hanno peso, non contano più. Il genitore perde leadership e si sente sconfitto perché non conosce le giuste strategie di comunicazione per farsi ascoltare.
Quando invece si lavora con costanza e continuità sull’intelligenza emotiva, il genitore può anche permettersi di dire al figlio che non sta facendo del suo meglio: le vostre parole conteranno perché c’è un forte legame emotivo. Voi siete un esempio coerente e i vostri figli saranno naturalmente portati a seguire i vostri consigli.
Funziona sempre? No. Non ci sono formule magiche che garantiscono un risultato al 100% ma quello che ci stiamo dicendo è il frutto di ricerche scientifiche diffuse ormai in tutto il mondo e dunque l’applicazione di queste possibilità aumenta certamente l’efficacia genitoriale.
Bisogna prestare molta attenzione ai segnali emotivi dei bambini, andare oltre le parole per captare l’emozione che c’è alla base. Bisogna lodarli più che criticarli, premiarli più che punirli, incoraggiarli più che scoraggiarli. Non tutti i comportamenti sono accettabili ma tutti i sentimenti e i desideri lo sono. Quindi il comportamento può non andare bene, l’emozione va sempre bene, va rispettata!
Le emozioni sono per i bambini energia che si muove nel loro corpo, le sentono scorrere nelle vene, le sentono in testa, nella pancia, in gola… sentono che qualcosa esiste ed è vivo ma non riescono a decifrare di cosa si tratta.
Trattare con superficialità le emozioni può significare lasciare nel bambino molti dubbi, perplessità, cose non comprese. Che fine fanno tutte queste cose? Dove si dissolve questa energia? Non si dissolve, ma si trasforma, in paure! Le emozioni non nominalizzate, non comprese, non governate, non osservare, diventano limiti, timori e paure in tuo figlio, che restano dentro di lui per tutta la vita e diventano i suoi risultati.
Nelle mie consulenze con i genitori spesso mi ritrovo a parlare con mamme e papà che si meravigliano del fatto che ‘improvvisamente’ il figlio ha manifestato una paura o un comportamento negativo. Li porto a riflettere che ‘l’improvvisamente’ non esiste, è una falsa convinzione, che tutto ha un senso e un perché e che certamente a volte è complesso capirlo, ma è sempre possibile approfondire, andare altre per risolvere alla radice situazioni complesse.
La soluzione c’è e oggi è alla portata di tutti, nella mia prossima conferenza ti parlerò delle cinque fasi-chiave dell’allenamento emotivo, che sono:
- diventare consapevole dell’emozione del bambino
- riconoscere in quell’emozione un’opportunità di intimità e insegnamento (Per esempio, se il cinquenne ha paura del dentista è preferibile parlarne il giorno prima piuttosto che metterlo sul lettino e fargli scoppiare una crisi di pianto e paura.
- ascoltare con empatia e convalidare i sentimenti del bambino
- aiutare il bambino a trovare le parole per definire le emozioni che sta provando
- porre dei limiti, mentre si esplorano le strategie per risolvere il problema in questione perché è importante che i bambini capiscano che il problema non è nei sentimenti ma nei comportamenti.
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